venerdì 18 ottobre 2013

VISONI LIBERI

NESSUN VIVENTE PUO' ESSERE POSSEDUTO, SFRUTTATO, UCCISO.
CHE LA TERRA SIA UN UNICO RESPIRO DI LIBERTA': CONTRO OGNI ALLEVAMENTO, CONTRO OGNI SCHIAVITU'.

venerdì 11 ottobre 2013

Šarik


(...)
Šarik era il cane della prigione, come vi è il cane della compagnia, del battaglione, dello squadrone. Viveva nel penitenziario da tempo immemorabile, senza appartenere a nessuno, teneva tutti come suoi padroni e si nutriva dei rifiuti della cucina. Era un cane da cortile, piuttosto grande, nero chiazzato di bianco, non molto vecchio, con gli occhi intelligenti e la coda sfioccata. Nessuno lo aveva mai accarezzato, nessuno faceva la minima attenzione a lui. Fin dal primo giorno io gli feci qualche carezza e gli diedi da mangiare del pane dalla mia mano. Quando lo accarezzavo, stava fermo e mi guardava affettuosamente e in segno di gioia agitava pian piano la coda. Ora, non avendomi veduto da un pezzo (io ero il primo che in tanti anni avesse avuto l'idea di accarezzarlo), s'era messo a correre e a cercarmi in mezzo a tutti, a cercarmi dietro alle baracche e, quando mi vide, mi saltò incontro abbaiando.
Non so cosa mi prendesse, ma cominciai a baciarlo, ad abbracciargli la testa; lui mi appoggiò le zampe sulle spalle e si mise a leccarmi il viso. "Ecco l'amico che mi manda la sorte!" pensai e ogni volta che, in quel penoso e triste tempo, io tornavo dal lavoro, prima di andare dovunque, mi affrettavo dietro alle camerate, con Šarik che saltellava davanti a me, abbaiando di gioia, gli prendevo la testa e lo baciavo, lo baciavo, e un senso di dolcezza e nello stesso tempo di tormentosa amarezza mi stringeva il cuore. Mi ricordo che piacere provavo pensando (e quasi mi gloriavo del mio tormento) che in tutto il mondo ora mi restava soltanto un essere che mi amava, che mi era attaccato, un amico, un unico amico: il mio fedele cane Šarik."

Fëdor Dostoevskij, Ricordi della casa dei morti